La Capitale accoglie due nuove destinazioni del gusto: Nomos Ante e Nomos Bar. “Da Roma, in Italia, per il resto del mondo e ritorno”: è questo il manifesto culinario dell’executive chef Giulio Zoli che mette in dialogo radici e contaminazioni globali, identità e libertà creativa.
Nomos Ante e Nomos Bar: la struttura
Il rione romano Regola, tra tracce romane, rinascimentali e barocche, fa da scenario a una nuova idea di ospitalità: Nomos Hotel, nato dalla riconversione di un ex monastero francescano del XVIII secolo. Un luogo poetico e minimale, rifugio per viaggiatori contemporanei, dove storia e visione convivono.
La firma è dell’artista artigiano HENRYTIMI, che in questo spazio rende concreta la sua idea di creazioni caratterizzate dalla sottrazione. Le forme essenziali e i materiali naturali richiamano la forza arcaica della materia e, attraverso il travertino, evocano la Roma antica e la proiettano verso un futuro sospeso. Monumentalità sobria e armonia, in un continuum tra rovine e contemporaneità. Un linguaggio che restituisce alla città la sua vocazione originaria: essere crocevia di incontri, scambi e viaggi ma altresì luogo senza tempo dove l’ospite trova rifugio e riconosce la propria intimità.
“Nomos come ‘rigenesi‘ – spiega HENRYTIMI – un nuovo rituale di accoglienza che sorge dalla storia della bellezza eterna di Roma per creare un legame inedito tra persone e sensazioni primordiali nel contatto con la materia naturale”.
Nomos Ante: la ristorazione
In questa prospettiva, anche la ristorazione, ubicata al piano terra della struttura, diventa estensione naturale della filosofia del luogo: un’esperienza che mette al centro l’ospite e lo accompagna in un percorso gastronomico capace di evocare memorie e al tempo stesso aprire nuove possibilità di incontro. Due anime, distinte ma complementari, interpretano questa visione: Nomos Ante, il ristorante haute cuisine e Nomos Bar.
Nomos Ante
Firmate dal minimalismo materico di HENRYTIMI, le tre sale di Nomos Ante, di cui una privata, accolgono nove tavoli e ventotto coperti e si offrono come un rifugio intimo e sospeso nel tempo. I totem si ergono come presenze primordiali celando elementi funzionali, i possenti tavoli in legno raccontano la forza e la solidità del tempo, mentre la palette cromatica, tra toni argilla e calde terre, avvolge l’ambiente in un’aura contemplativa. Qui lo spazio diventa essenza pura, un orizzonte silenzioso che accoglie e amplifica il viaggio sensoriale di ogni ospite.
La guida dell’esperienza gastronomica di Nomos è affidata al giovane romano Giulio Zoli, 35 anni, che fonde radici italiane e influenze internazionali in una cucina contemporanea e personale. Il percorso dello chef nasce dall’esaltazione del gusto e dal perfezionismo tecnico, profondamente legato agli ingredienti della sua Italia ma arricchiti dalle esperienze nelle cucine stellate di tutto il mondo. Il viaggio, reale e ideale, diventa così parte integrante della sua filosofia: una cucina libera, aperta alle influenze globali e aderente alle radici.
Le salse rappresentano il vero fil rouge del suo pensiero: non semplici accompagnamenti, ma architetture di sapore e strumenti di racconto. Frutto di un grande studio tecnico affinato durante le esperienze francesi, Zoli le rilegge in chiave più leggera e contemporanea per restituire una maggiore identità. In questa evoluzione diventano i segni distintivi della sua cucina: non si limitano a legare gli ingredienti, ma tessono connessioni tra significati, culture e territori, trasformando ogni piatto in un ponte tra memorie locali e geografie lontane.
“Per me Nomos è un punto di svolta: il primo progetto in cui assumo la responsabilità di executive chef. È una sfida che accolgo con entusiasmo e determinazione, perché la filosofia del progetto si lega perfettamente alla mia visione di cucina. – racconta Zoli – La mia idea di cucina si fonda sugli equilibri: cotture precise, ricerca attenta delle materie prime, eleganza nelle forme, ma anche identità e bilanciamento dei sapori. L’armonizzazione dei contrasti e l’intreccio fra memorie italiane e influenze lontane sono il cuore del mio processo creativo.-conclude lo chef- La mia ambizione è dare vita a un linguaggio gastronomico libero, comprensibile e accessibile, capace di sorprendere con radici salde e sguardo aperto sul mondo”.
Nomos Ante: i tre piatti manifesto
Spaghetti Citrus
Spaghetti in estrazione di provola affumicata, burro al tè lapsang souchong, genziana e limone. Il finale è una sinfonia agrumata (olio di foglie di limone, mano di Buddha, limequat, caviale di limone) con polvere di capperi mediterranea. Un piatto che celebra la pasta come emblema della tradizione italiana, proiettandola in una dimensione cosmopolita. L’affumicatura e le note amare si contrappongono alla freschezza degli agrumi, evocando un Mediterraneo innovativo e inaspettato. È l’incontro tra memoria (gli spaghetti come comfort food assoluto) e viaggio (la contaminazione con tè e agrumi esotici).
Tortellino di Coniglio
Pasta fresca ripiena di coniglio con latte di ceci, albicocca fermentata e sumac, cotto in un jus aromatico di coniglio con menta, finocchietto fresco e carvi. Un omaggio alla pasta fresca ripiena per eccellenza che incontra suggestioni mediorientali. Il coniglio italiano dialoga con spezie e fermentazioni che raccontano un altrove fatto di mercati e viaggi.
Quaglia
Quaglia al barbecue, gambero rosa crudo, peperone arrostito, cipolletta borretana sott’aceto, salsa tonnata e uovo poché di quaglia, misticanza al nero di seppia. In finishing una salsa intensa di quaglia e teste di gambero. Come side, un samosa di zampette in stile thai con XO sauce. La quaglia diventa una polifonia di elementi, un piatto di armonia fra contrasti e stratificazioni: dal dialogo tra terra e mare all’incontro fra crudo e cotto, tra note grigliate e fermentate. Ogni elemento racconta un luogo: l’Asia, l’Italia e il Mediterraneo.
Nomos Ante: i percorsi di degustazione
Nomos, in greco antico, significa legge, ordine, armonia, misura, consuetudine. Come la parola evoca una regola invisibile che dà senso e direzione, così la cucina di Giulio Zoli si muove tra istinto e tecnica, materia e pensiero. I menù degustazione nascono in piena coerenza con questo significato: un percorso in tre tappe – principio, misura, compimento – che guidano l’ospite dall’origine alla piena comprensione dell’universo di Nomos Ante:
ARCHÉ – Il Principio (3 portate a scelta libera, Euro 75): il viaggio comincia dall’origine. Arché è il seme, il primo contatto con la cucina di Nomos.
MÉTRON – La Misura (5 portate, Euro 95): a tappa centrale celebra l’equilibrio tra tecnica e suggestione. È il cuore del percorso, dove armonia e proporzione guidano l’esperienza.
TÉLOS – Il Compimento (9 portate, Euro 125): il percorso si conclude con il compimento, non come fine, ma come piena realizzazione: una sintesi di sapori, tecniche ed emozioni che esprime appieno la filosofia di Nomos.
Nomos Ante: l’accoglienza
La sala di Nomos Ante è affidata ad Antonio Cannoniero, giovane restaurant manager e sommelier campano con oltre dieci anni di esperienze stellate in Italia e all’estero. La sua idea di ospitalità non si riduce mai a un gesto formale, ma si costruisce nei dettagli: un sorriso autentico, un’attenzione discreta, la sensibilità di interpretare i desideri non detti. Così la sala diventa il naturale prolungamento della cucina di Giulio Zoli, un ambiente dinamico in cui piatti e servizio dialogano e si completano.
“Il nostro approccio all’accoglienza nasce dal desiderio di privilegiare la relazione: meno performance, più autenticità. Meno rigidità, più ritmo. Con al centro valori chiari: eleganza, empatia e la capacità di creare connessioni profonde con l’ospite – spiega Cannoniero – La stessa forza creativa che anima la cucina dello chef: libera, contemporanea e accessibile, guida anche il nostro servizio”.
Nomos Ante: la cantina
La proposta enologica curata da Cannoniero completa l’esperienza di Nomos Ante con una carta di 200 referenze, frutto di un’attenta selezione tra eccellenze italiane e grandi classici internazionali.
Il 60% dell’offerta è dedicato all’Italia, con particolare attenzione ai vitigni autoctoni e alle aree emergenti, senza dimenticare la Campania, regione d’origine del sommelier. Il restante 40% apre lo sguardo all’Europa e al mondo, con un focus speciale sulla Borgogna. Accanto alle etichette iconiche, la carta dà spazio a piccoli produttori artigianali, capaci di sorprendere con vini sperimentali e autentici.
Gli abbinamenti seguono la filosofia di tutto il progetto: non solo equilibrio e classicità, ma anche contrasti audaci, studiati per suscitare curiosità e divertimento. L’offerta comprende anche proposte alcol-free, pensate per dialogare con i piatti e aprire nuove possibilità narrative.
Nomos Bar
All’interno di un cortile intimo e raccolto Nomos Bar accoglie ventiquattro sedute essenziali ma avvolgenti, disposte attorno a nove tavoli che sembrano emergere dal pavimento, con basi geometriche che richiamano reperti antichi trasformati in segni di raffinata sensibilità.
Uno spazio complementare e autonomo dove la cucina incontra l’arte del bere. Un American Bar reinterpretato in chiave essenziale e materica, che mette al centro la qualità assoluta delle materie prime, selezionate e valorizzate con misura.
La cucina di Zoli, in coerenza con lo spazio, qui prende la forma di una semplicità intenzionale, tradotta in gesti gastronomici raffinati e contemporanei. La stessa visione guida anche l’offerta al calice: grandi vini, distillati d’autore e drink classici rivisitati, pensati per dialogare con la cucina da protagonisti. Una proposta all day dining che accompagna gli ospiti in ogni momento della giornata.
Un’attenzione speciale è riservata alla colazione, servita interamente alla carta. L’offerta “Good Morning Nomos” unisce dolci e lievitati artigianali a centrifughe fresche, ricotta, quinoa, frutta e uova, con un respiro internazionale che va dai fagioli all’uccelletto ispirati all’English Breakfast al pancake. In questo contesto trova spazio il tagliolino al pomodoro e basilico che richiama la tradizione asiatica del ramen a colazione, reinterpretandola in chiave italiana creando così un ponte tra culture culinarie.
Foto: Dario Borruto