Tra le vibranti complessità di Polanco, la casa-manifesto di Javier Sánchez intreccia cemento a vista e luce zenitale, ponendo al centro della scena il rigore in acciaio della cucina Italia di Arclinea: un dialogo materico che ridefinisce l’intimità familiare nel cuore di Città del Messico.
Nel panorama architettonico contemporaneo, la residenza privata di un progettista assume spesso il ruolo di un manifesto programmatico: un laboratorio spaziale in cui teorie urbane, sensibilità materiche e filosofie dell’abitare vengono distillate nella loro forma più pura. Galileo 105, la casa dell’architetto Javier Sánchez nel cuore di Polanco a Città del Messico, non fa eccezione. Questo progetto trascende la semplice definizione di abitazione unifamiliare per elevarsi a caso studio sulla stratificazione funzionale, sull’uso onesto dei materiali e sulla sacralità dello spazio conviviale.
Al centro di questa narrazione architettonica si colloca la cucina Italia di Arclinea, disegnata da Antonio Citterio. Non un semplice elemento di arredo, ma il fulcro gravitazionale attorno al quale ruota l’intera dinamica familiare. La scelta di questo sistema, caratterizzato dall’acciaio inox spazzolato e da una precisione quasi chirurgica, riflette una visione dell’abitare che privilegia la performance, l’igiene e la socialità rispetto alla mera decorazione.
Polanco: densità e osmosi
Lo scenario è quello di Polanco, storicamente e culturalmente uno dei distretti più vibranti e complessi di Città del Messico. Nato negli anni ’40 come quartiere residenziale definito da un’architettura “California Colonial” e influenze Art Déco, il quartiere ha ereditato un tessuto urbano denso, fatto di grandi palazzi ed edifici lussuosi. Oggi, Polanco è il palcoscenico di una tensione dinamica tra la sua eredità storica e una vocazione cosmopolita: qui l’alta finanza, le boutique di lusso di Avenida Presidente Masaryk e la gastronomia d’avanguardia coesistono con la necessità di intimità domestica.
La posizione strategica, adiacente al polmone verde del Bosque de Chapultepec e attraversata da assi viari cruciali come Reforma, rende l’area uno dei nodi più ambiti della metropoli. In questo contesto di iper-densità e flusso continuo, la sfida progettuale è stata quella di creare un rifugio che agisse come filtro selettivo verso la città.
La poetica del cemento
Completata nel 2017, la residenza porta la firma di Javier Sánchez, figura cardine nel rinnovamento architettonico messicano. Fondatore nel 1996 di JSa (Javier Sánchez Arquitectura), Sánchez ha trasformato il suo studio in uno dei riferimenti internazionali più autorevoli, affrontando il tema dell’abitare nella complessità urbana con una lettura radicale. Con un portfolio che vanta oltre 100 premi e menzioni internazionali, la pratica di JSa si fonda sul concetto di “agopuntura urbana”: interventi specifici e puntuali che, pur operando su scala locale, rigenerano il tessuto circostante innescando dinamiche sociali positive.
In Galileo 105, questa agopuntura si interiorizza. L’edificio rinuncia a dominare il contesto con gesti iconici urlati, preferendo inserirsi con un’onesta sobrietà. È un intervento di sostituzione e integrazione in un tessuto consolidato, che risponde alla densità di Polanco non chiudendosi ermeticamente, ma organizzando la vita in verticale e creando micro-climi interni che permettono di percepire la città senza esserne sopraffatti.
La relazione osmotica tra l’edificio e la strada è mediata da una facciata che riflette l’estetica brutalista cara a Sánchez. L’uso del calcestruzzo a vista trascende la scelta stilistica per rispondere a precise necessità di massa termica e isolamento acustico. Tuttavia, questa barriera protettiva è interrotta da ampie superfici vetrate e lucernari che inondano gli interni di luce naturale, restituendo l’atmosfera di una serra luminosa. Un approccio dialettico — chiusura verso il caos, apertura verso la luce — che definisce la cifra stilistica dell’inserimento urbano.
L’obiettivo progettuale era ambizioso: creare una casa in cui ogni membro della famiglia potesse vivere, lavorare e studiare in modo indipendente, pur condividendo momenti significativi. Questa esigenza sociologica ha dettato una rigorosa organizzazione in sezione, trovando la sua sintesi nel piano nobile.
“Il piano più importante di tutta la casa è quello della zona giorno, con il living, la cucina e la sala da pranzo come protagonisti: è in questi ambienti che si svolge la vita familiare”, afferma Sánchez. È qui che l’identità tettonica del progetto raggiunge la sua pienezza, in un dialogo serrato tra la gravità del calcestruzzo e il calore organico del legno. Il brutalismo di JSa si rivela tutt’altro che freddo; è un brutalismo tattile, atmosferico e profondamente umanista.
Il contrappunto materico
Il rigore spaziale è scandito da candide quinte verticali che, fuggendo verso l’alto, esaltano la doppia altezza e diffondono la luce zenitale. In questo volume di luce, la purezza del bianco agisce da silenzioso contrappunto all’espressività del calcestruzzo: l’intradosso della copertura e i setti strutturali si mostrano nella loro nuda onestà materica, dove le imperfezioni delle casseforme diventano tracce di una memoria costruttiva che conferisce allo spazio monumentalità.
In questo contesto di materiali poveri, nobilitati da un trattamento artigianale quasi monastico, si inserisce la tecnologia ad altissima precisione di Arclinea. Il fulcro operativo è l’isola Italia. Disegnata da Antonio Citterio nel 1988, Italia rappresenta lo spartiacque storico in cui l’estetica delle cucine professionali ha varcato la soglia domestica.
Lo spazio trova il suo centro di gravità in questo monolite scenico, un volume puro che celebra l’uso estensivo dell’acciaio inox. L’isola è scolpita dalla maniglia incassata Italia: una sottrazione di materia che scava il frontale eliminando ogni sporgenza superflua per una pulizia formale assoluta. Il piano di lavoro, spesso e robusto, cattura la luce naturale che discende dall’alto, creando riverberi che rendono l’acciaio vibrante e inaspettatamente accogliente.
Sulla parete di destra, la narrazione cambia registro giocando sul contrasto. Una lunghissima linea operativa vede i moduli base abbandonare il metallo integrale per vestirsi di Fenix nero, materiale nanotecnologico dal tocco vellutato. Le ante scure assorbono la luce facendo risaltare, per contrappunto, il piano di lavoro che torna ad essere in acciaio inox, interrotto solo dal blocco fuochi freestanding professionale. A coronamento, la Mensola Cappa disegna una linea orizzontale che integra l’aspirazione e definisce un piano d’appoggio a vista, enfatizzando la profondità prospettica.
La disposizione segue un layout a doppio flusso che traduce nel domestico l’efficienza distributiva delle cucine professionali. A sinistra, un mobile freestanding in Fenix crea un volume morbido che garantisce contenimento senza ostruire la connessione visiva con la scala. Al centro di questa coreografia spaziale, il tavolo da pranzo con piano in vetro acidato agisce come cerniera trasparente: il punto di incontro tra preparazione e consumo, sottolineando un’architettura che, pur nella sua precisione tecnica, rimane devota alla dimensione conviviale della vita.
Galileo 105 si afferma così come un laboratorio di resilienza urbana, dove la durezza del cemento protegge la delicatezza dei rituali domestici. Qui, la cucina Italia dimostra la sua intramontabile attualità: un classico del 1988 che, dialogando con l’architettura contemporanea di Sánchez, prova che la vera avanguardia risiede nella perfezione funzionale che sa attraversare il tempo.
Foto: Leonardo Pelucchi