Cosa si Beve a Roma? Tendenze e consumi visti da Team’s Macoratti

40 Anni di Vino a Roma: Team’s Macoratti racconta cosa bevono i romani oggi in un ciclo di eventi per festeggiare l’importante traguardo.

L’Identità Enologica di Roma: Una Capitale “Bianchista”

Roma e il vino sono legati da una storia millenaria, un’eredità che risale ai tempi in cui l’Impero diffondeva la viticoltura in tutta Europa. Eppure, oggi, nonostante la vicinanza a denominazioni storiche come i Castelli Romani DOC e la presenza di un’ampia produzione regionale sotto l’ombrello della IGT Lazio , il consumatore romano guarda altrove. La fotografia più nitida del mercato la scatta Alessio Macoratti, alla guida di Team’s Macoratti, una delle più importanti agenzie di distribuzione della città: “Roma è una città bianchista… e predilige vini non locali”.

Il Dominio dei Bianchi: Sardegna, Alto Adige e la Sorpresa Friulana

L’analisi di Team’s Macoratti rivela che la predilezione per i vini bianchi a Roma si polarizza su assi geografici e stilistici ben precisi, che dicono molto sulle aspirazioni del consumatore. Come spiega Alessio Macoratti: “C’è grande richiesta di Vermentino di Sardegna e di vini altoatesini che sono i luoghi di vacanza preferiti dai romani uno d’estate e l’altro durante la stagione invernale, recentemente poi si è registrata una buona crescita per il Friuli di cui la Ribolla è molto apprezzata.”

Questa osservazione sul campo trova piena conferma nei dati di mercato. Da un lato, il Vermentino di Sardegna non è una semplice preferenza, ma un vero e proprio fenomeno. Il suo successo travalica i confini della ristorazione per affermarsi con forza anche nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

I dati 2024 dell’istituto di ricerca Circana, presentati a Vinitaly, sono eloquenti: il Vermentino è tra i vini con la crescita più vigorosa, registrando un +11,7% a volume e un impressionante +13,5% a valore, posizionandosi al primo posto assoluto per incremento di fatturato. Questo successo è alimentato da un’immagine che evoca freschezza, qualità e uno stile di vita mediterraneo, apprezzato tanto dai romani quanto dai flussi turistici che affollano la città.

I numerosi riconoscimenti ottenuti dai Vermentino sardi in concorsi nazionali ne consolidano la reputazione qualitativa, giustificandone la popolarità. La sua versatilità, con espressioni che variano notevolmente a seconda dei diversi terroir dell’isola, dalla Gallura a Usini, ne amplifica ulteriormente l’appeal.

Dall’altro lato, la passione per i vini bianchi dell’Alto Adige svela un’altra faccia del bevitore romano. Qui la ricerca è orientata verso la precisione aromatica, l’eleganza e una freschezza quasi alpina. Vitigni come Sauvignon Blanc, Pinot Bianco e Gewürztraminer di provenienza altoatesina sono una presenza costante nelle carte dei vini della Capitale, simbolo di affidabilità e di uno stile internazionale che si contrappone nettamente al carattere più solare e sapido del Vermentino.

Infine, l’ascesa della Ribolla Gialla del Friuli conferma questa tendenza verso i bianchi di carattere. Anche questo vitigno, infatti, figura tra quelli con la maggiore crescita nella GDO, con un +11,3% a volume nel 2024, segnalando un nuovo fronte di interesse per il consumatore romano alla ricerca di bianchi freschi e di carattere. “Ma va molto bene anche l’Abruzzo, forse perché molti a Roma sono di origine abruzzese” aggiunge Macoratti.

La Fedeltà ai Rossi Toscani

Se per i bianchi lo sguardo si allarga all’Italia intera, per i vini rossi il cuore dei romani batte forte per la vicina Toscana. Le scelte si orientano verso denominazioni che sono sinonimo di garanzia e prestigio. Come conferma Macoratti, le preferenze si concentrano su Morellino di Scansano, Chianti e, in misura sempre maggiore, Bolgheri.

Questa triade rappresenta diversi livelli di impegno e di spesa: dal piacere più immediato del Morellino, alla solidità del Chianti (disponibile in un’ampia gamma di prezzi e stili ), fino ad arrivare alla crescente richiesta per i “Super Tuscan” di Bolgheri. L’ascesa di quest’ultima denominazione, in particolare, segnala una crescente sofisticazione del consumatore romano, disposto a investire in etichette di fascia alta e a esplorare le grandi interpretazioni dei vitigni bordolesi in terra toscana.

L’analisi di queste preferenze fa emergere un quadro chiaro: Roma non si comporta come una capitale regionale, ma come un “mercato curato” a livello nazionale. I suoi consumi non riflettono primariamente la produzione laziale, ma piuttosto una selezione delle eccellenze e dei “brand regionali” più forti e riconoscibili d’Italia. Questo posizionamento è il risultato della domanda di un’utenza cosmopolita che include milioni di turisti alla ricerca delle denominazioni italiane più celebri, e forse di una percezione storica, ormai superata ma ancora latente, di una minore qualità dei vini locali.

L‘analisi dei consumi si completa con uno sguardo ai segmenti emergenti, come i vini naturali e dealcolati. Su questo, Macoratti è chiaro: “come agenzia li trattiamo per fornire un ampio ventaglio di scelta alla clientela ma la richiesta è modesta così come il vino dealcolato, sebbene il decreto Salvini ha fatto registrare un calo nelle consumazioni, questa tipologia di vino ancora non emerge”.

Team’s Macoratti: 40 Anni di Vino a Roma, lo Sguardo di un Protagonista

Nel panorama del mercato romano, un distributore storico come Team’s Macoratti funge da osservatorio privilegiato per analizzare i consumi e le tendenze. Fondata nel 1985 da Tito Macoratti, l’agenzia di distribuzione celebra nel 2025 i suoi primi 40 anni di attività, un traguardo che la consacra come una vera e propria colonna portante del panorama enologico della Capitale. Oggi guidata con visione imprenditoriale dai figli Alessio e Ilaria, l’azienda serve oltre 1.600 clienti attivi, rappresentando un portafoglio di più di 60 prestigiose aziende vinicole provenienti dall’Italia e dal mondo.

Il modello di business dell’azienda si adatta strategicamente alla struttura duale del mercato romano, operando su due fronti distinti. Da un lato c’è il canale Ho.Re.Ca., cuore storico dell’attività, seguito da una squadra capillare di 13 agenti che coprono Roma e provincia, con un piano di espansione già in corso per il resto del Lazio. In questo ambito, come sottolinea Alessio Macoratti, il successo si costruisce sulla consulenza e su un solido rapporto di fiducia.

Dall’altro lato, la gestione della Grande Distribuzione (GDO) è affidata a “Pergola“, un’agenzia creata appositamente per seguire le logiche uniche di questo canale. L’operatività di “Pergola” si estende su un’area vasta che include Lazio, Toscana e Umbria, a riprova della capacità dell’azienda di adattarsi a dinamiche di mercato profondamente diverse.

Una Celebrazione in Otto Tappe

Per festeggiare l’anniversario, Team’s Macoratti ha scelto di ripercorrere la propria storia nel luogo simbolo della condivisione del vino: la tavola. Ha così preso vita un ciclo esclusivo di pranzi ospitati da alcune delle più prestigiose insegne capitoline, concepiti come occasioni di brindisi e di analisi sull’evoluzione del mercato enologico romano.

Dopo la serie di incontri primaverili, il nuovo incontro si è tenuto presso il Rooftop del Rome Marriott Grand Hotel Flora, una suggestiva terrazza affacciata sull’eleganza di Via Veneto, simbolo della dolce vita capitolina.

L’esperienza gastronomica è stata costruita attorno a etichette di punta del portafoglio Macoratti. I vini, selezionati tra i più rappresentativi, sono stati al centro di un percorso di degustazione pensato per dialogare perfettamente con i piatti creati appositamente dallo chef partenopeo Massimo Piccolo.

L’apertura è stata affidata all’olio extravergine Olivastro di Quattrociocchi, un’eccellenza laziale e uno dei più premiati a livello internazionale, che ha introdotto l’aperitivo dello chef e il primo antipasto: il Lingottino di parmigiana napoletana. Questo piatto, ricco e saporito, è stato splendidamente bilanciato da due approcci diversi:

Le Marchesine - Franciacorta Brut Nitens Magnum: Un Metodo Classico teso e vibrante, prevalentemente da uve Chardonnay. Servito in Magnum – formato che preserva freschezza e longevità – ha sgrassato il palato con la sua bollicina fine e la sua acidità agrumata, pulendo la bocca dalla ricchezza della parmigiana.

Fantini - Calalenta Pecorino: Un bianco abruzzese che gioca su note aromatiche fresche, con sentori di frutta esotica e salvia. La sua spiccata acidità e la buona struttura hanno tenuto testa alla componente saporita del piatto, offrendo un abbinamento più morbido ma altrettanto efficace.

A seguire, le Mezze Maniche (del pastificio Rustichella d’Abruzzo) al ragout di vitellina e fonduta al taleggio. Un piatto complesso, giocato tra la delicatezza della carne bianca e la spinta grassa e aromatica del formaggio. La scelta è ricaduta su due rosati di grande carattere:

Duca di Salaparuta - Lavico Rosato Etna DOC: Un Nerello Mascalese che cresce sulle pendici del vulcano. Un rosato "gastronomico", teso, minerale e sapido, la cui acidità tagliente ha bilanciato perfettamente la fonduta senza sovrastare il ragù.

Le Marchesine - Franciacorta Rosé Artio 2021 Magnum: Un Metodo Classico da uve Pinot Nero, più strutturato, con note di piccoli frutti rossi. Ha accompagnato il piatto per concordanza, con il suo corpo capace di dialogare con la pasta e la sua persistenza che puliva il palato.

Il secondo, Filetto di maiale con il suo fondo, indivia belga brasata e cubo di patate al latte, ha richiesto due rossi di grande levatura:

Fantini - Edizione Cinque Autoctoni Special Edition: Un vino iconico, vero "mosaico" del Sud Italia (Montepulciano, Primitivo, Sangiovese, Negroamaro, Malvasia Nera). Un'esplosione di frutta rossa matura, prugna, spezie dolci e tannini morbidissimi. Ha avvolto il maiale in un abbraccio opulento, sposandosi alla perfezione con la nota dolce del fondo di cottura.

Duca di Salaparuta - Duca Enrico 2021: Un pezzo di storia dell'enologia siciliana, il primo Nero d'Avola in purezza (nato nel 1984). Un vino profondo, elegante, con note balsamiche, di amarena e spezie scure. La sua struttura tannica, raffinata ma presente, si è legata magnificamente alla proteina della carne, mentre la sua complessità ha dialogato con le note amaricanti dell'indivia.

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